Il theGinDay Milano arriva alla sua decima edizione. Come sempre un evento di livello altissimo, che offre una foto-instantanea precisa del panorama italico
Nel triennio 2013-2016 il theGINday Milano è stato una manna dal cielo, una benedizione, una fortuna per tutto il movimento italiano, la sua continua crescita e anche la sua trasformazione è la forza dell’evento. C’erano tantissime novità da scoprire, personaggi da conoscere, tra prodotti di grandi gruppi e qualche pioniere, e pure qualche spavaldo.
Poi è arrivata l’era del theGINday nella sede in via Watt, finita nel 2019, con l’ultimo evento pre-pandemia, che fu davvero epocale, fatto di minuscole etichette, mescolate insieme a quelle giganti.
Il 2022 ci regala un’immagine di un movimento che in generale va avanti (alla rinfusa) con protagonisti che si stanno sempre più fragmentando:
ci sono quelli grandi, ci sono i medi, i medio-piccoli e poi le micro realtà.
I grandi giocatori (Tanqueray, Bombay, Beafeater, Gin Mare, Hendrick’s) ormai non hanno più bisogno del theGINday, tant’è che vediamo i loro spot pubblicitari persino sulla televisione generalista. I medi, quelli che comunque hanno numeri ragguardevoli, usano la manifestazione per il lancio di nuove versioni e per rafforzare la loro presenza.
E poi ci sono i miei preferiti, quelli che ce la possono fare e gli sperimentatori

In questa fascia troviamo le bottiglie più interessanti, sopratutto quelle “sottobanco”, i prototipi, le cose a cui si lavora con tanta passione. E come sempre il theGINday regala chicche notevoli. L’organizzazione riesce sempre a offrire una vetrina di livello internazionale per presentare le proprie realtà spesso dislocate in luoghi difficili da raggiungere.
E veniamo ai nomi da fare, alle cose che mi hanno colpito
Un ringraziamento a due aziende in particolare: Bordiga e Cillario e Marrazzi, a loro la medaglia d’oro per i seguenti motivi:
A Bordiga per aver puntato sull’ingrediente principale del Gin, mirando sulla comunicazione del loro stupendo giorno di raccolta del Ginepro comune Occitano in programma il primo di ottobre 2022 a Villar San Costanzo (CN)
A Cillario e Marrazzi, per averci di nuovo onorato della presenza del loro stupendo alambicco, che contrapposto allo stand precedente, dava un’immagine perfetta di cosa si stessa parlando: Ginepro comune distillato.
L’angolo di Piero Dry Gin era particolarmente affollato, il fondatore Gianpiero mi raccontava che tanti erano finalmente contenti di conoscere e constatare di persona l’eticità del brand, che magari s’era già fatto notare sui social. Segno che è importantissimo preparare una fiera, non solo parteciparci.
Nysura Distillery, con la sua linea di Gin estremamente artigianali, Gianacria e Hemisferica, preparati a bassissima temperatura, per regalarci un liquido di una bevibilità che colpisce. Panegos & co, gran bel progetto pugliese, di cui sentiremo sicuramente parlare, Costiera Gin, con un gran packaging tra l’altro, all’altezza dell’immaginario che rappresenta, anche per il suo gusto eclettico. C’è chi ha puntato su un pizzico di dolcezza, usando uno degli ingredienti più nobili e di cui in Italia siamo maestri, il miele, tra i quali spicca il progetto di Soero.
A Milano si notava anche un gran bel lavoro di selezione dei distributori, con un’offerta molto e forse troppo variegata, ma con prodotti sempre più interessanti, usabili, anche se non troppo ortodossi. Tipo quelli provenienti dal Giappone, al limite della categoria, per la loro predominanza dell’alcol base, ma notevoli come sforzo di innovazione.
Al theGINday Milano abbiamo anche presentato il progetto che sto seguendo da anni insieme ad altri illustri esponenti del panorama nostrano, uno su tutti Fulvio Piccinino: la nascita di un disciplinare del Gin Italiano, promosso da un’associazione di produttori che vi aderiscano volontariamente e che si mettano in mente di autotutelare il buon nome del Gin Italiano, la preziosità dell’ingrendiente principe di esso e poi di tutto il resto del materiale vegetale che andiamo spedendo in ogni parte del globo acquestre senza valorizzarlo monetariamente a dovere sul nostro territorio.
Il Manifesto è stato appeso alla simbolica cattedrale: si faccia un Gin con 100 per cento di Ginepro (non solo il communis) italiano, il secondo ingrediente idem, poi c’è spazio e libertà per reperire ingredienti ovunque, per raccontare tutte le storie con cui il Gin ogni volta ci ammaglia. La base, lo spirito base, lavorato in Italia. Siamo noi a dover controllare la filiera della tela su cui dipingere la ricetta, assolutamente. E si arrivi anche a parlare di impianti, di alambicchi solo locali, bottiglie, tappi, etichette. Tutta la filiera deve essere circolare, per arrivare a una sempre maggiore sostenibilità di questa industria. O si fa il Gin Italiano o si muore!