La prima volta che sono andato a raccogliermi un pò di Ginepro, nel 2011, un paio d’anni prima di Gin Italy, mi è apparso subito chiaro che ogni esemplare ha delle caratteristiche diverse.

Quell’anno, ricordo perfettamente, ho incontrato tre colonie in tre luoghi morfologicamente diversi, e una su tutte mi colpì: mi ricordava esattamente il Ginepro che ho tanto amato negli anni nel Tanqueray. Ma non è una colonia, si tratta di un unico Ginepro di sesso femminile, isolato apparentemente, ma che in qualche modo riesce a vivere e procreare senza problemi (il Ginepro si divide per sesso, i maschi impollinano, le femmine crescono i galbuli o coccole). L’aromaticità di questo esemplare è diversa e più accentuata, più dolce e i frutti sono di dimensioni maggiori, la polpa è consistente. Gli altri non sono di qualità inferiore, sanno solo meno di Tanqueray, sia chiaro.

Negli anni ho imparato a selezionare solo le piante che mi piacciono di più e a miscelarle nei miei sacchi di cotone, per arrivare allo stato di essiccazione ideale per la mia idea di Ginepro. E non manca mai quello proveniente da un parco archeologico italico, di forma più piccola, più pungente.

La territorialità
Tutto questo prima di arrivare a vedere che c’era in giro il concetto (appena esplorato da Plymouth con il nuovo Mr. King’s 1842) di territorialità, anche in questo campo. Ogni zona dove sono Ginepri, ha un odore e un sapore diverso e anche nella stessa zona, colonia, si notano evidenti differenze aromatiche e olfattive, grazie anche alle altre piante che popolano i dintorni. Qui da me incontro spesso Ginepri che si accompagnano alla Satureja montana, che cresce riparata sotto i rami pungenti di esemplari già abbastanza alti (il Juniperus communis nelle dimensioni è molto flessibile, cresce come arbusto e si allarga insieme ad altri esemplari, cresce come albero e si innalza singolarmente come quello Tanqueray, oppure assume forma strisciante, diventando una vera sottospecie, Juniperus horizontalis, ma muta solo la forma).

Ficcarsi in un ginepraio non è la cosa più semplice al mondo, è molto pungente (mai dimenticare i guanti) si va a raccogliere solo se si conosce la pianta e si sa cosa fare. Ogni ramo di pianta femmina avrà frutti con differenti stati di maturazione (ci sono pure pezzi di colonie di soli poveri maschietti senza coccole): c’è quello da raccogliere e c’è quello da curare per l’anno prossimo, da aspettare: il raccolto futuro. Il ramo va percosso con la giusta intensità per far cadere solo i frutti pronti, senza rovinare quelli in divenire e sotto si mette qualcosa dove far confluire le coccole, (consiglierei una cassetta traforata in plastica, ma fate in modo per piacere di lasciare qualche coccola qua e là alla pianta, saprà cosa farne e anche le lepri che vi gironzolano intorno). Nelle annate giuste, tutto sommato è una pianta generosa, e ognuna produce abbastanza coccole da farci tipo 40 50 bottiglie di Gin.
Bene, tutto questo mi era chiaro nel 2011, istintivamente diciamo ed ero già tecnicamente equipaggiato di tutti gli strumenti necessari per distillarmi un Gin dentro casa, ma ci sono voluti in seguito anni ed anni di studi per portare a compimento questa idea. Per partire dal Ginepro, andare ovunque nel mondo, raccogliere ogni input e trasmetterlo dentro quello che avevo da dire, grazie a questo blog e tutta l’attività e tornare infine al Ginepro, con la prima distillazione “finale” del prototipo iniziata la gelida mattina del 19 febbraio 2019. La chiave è quella, la dorsale di questo spirito. Gli ultimi seminari seguiti parlano di questo, gente come Desmond Payne o Anistatia Miller va invocando un ritorno ai classici anche nell’innovazione, ma che il Ginepro debba essere prevalente, riconoscibile e glorificato è una cosa con la quale si deve far pace finalmente.

Più Ginepro per piacere
Un alcol aromatizzato anche con Ginepro non ci interessa. Una vodka aromatizzata anche con Ginepro non ci interesserà mai. Va benissimo sperimentare ogni singolo ingrediente a disposizione, ogni tecnica possibile, ogni combinazione, provare ogni idea, nulla in contrario: dai tanti fallimenti e da ogni distorsione sono sicuro che nascerà qualcosa di buono. Ma ogni Gin deve contenere il massimo rispetto verso il Ginepro.
Assaggio sempre con curiosità i nuovi Gin che mi offrono, da ognuno continuo a imparare qualcosa e chiedo sempre del Ginepro: ultimamente a Milano mi hanno parlato di uno proveniente dalla costa adriatica (impossibile), sento continuamente frottole buttate lì, semplicemente perché per molti è solo uno degli ingredienti di una ricetta che prevede un progetto aziendale complesso. Ok. Ci sta.
Però dato che vi state ficcando voi in questo Ginepraio, per piacere, un pò di rispetto per quella che è la cosa fondamentale, quella che ha permesso per secoli all’Italia di giocare un ruolo chiave nel mondo. Dovremmo essere noi i Maestri del Ginepro, i nostri Gin dovrebbero essere ciascuno un inno a questa materia prima che dominiamo grazie alla nostra terra, così ricca di un patrimonio botanico endemico che renderebbe quasi superfluo l’uso di spezie estere (se non fosse che anche questo è uno dei paradigmi del Gin nella sua evoluzione: è cosmopolita per fondazione, non è mai stato autarchico, di un solo luogo, gli ingredienti hanno sempre viaggiato per poi ricongiungersi o nella pancia di un alambicco o nel bicchiere con il chinino).
EvanGINizzazione
Tutto ciò per dire a chi mi legge, per piacere, più Ginepro. Buttate più Ginepro nelle vostre ricette, scegliete e bevete i Gin che hanno maggior rispetto per il Ginepro, offrite nei vostri bar i Gin che da subito vi fanno chiaramente pensare al Ginepro.
Se avete bisogno, sono a disposizione, come sempre, per accompagnarvi a fare un giro a conoscere questa materia prima, bussate alla porta di Gin Italy (gin@ginitaly.it) se non avete altri modi.
