In questo periodo cupo a causa del Covid-19, l’Arte può aiutarci a illuminare le nostre giornate.
Sto pensando da un pò a come reagire a questa reclusione forzata a casa, a cosa scrivere su questo blog, se accodarmi anche io a tutti quelli che incitano a bere.
Credo sia il momento di rimanere lucidi. L’alcol non deve essere un modo, a mio vedere, per “passare il tempo”, sbagliato cercare di trovarci una soluzione alla solitudine, al silenzio. Per questo motivo, ho deciso di raccontare delle storie marginali rispetto al Gin, ma che testimoniano quanto il Ginepro sia radicato nella cultura umana collettiva da millenni.
Il Ginepro visto da Leonardo da Vinci

Il Genio italiano per antonomasia, l’inventore instancabile, il visionario, quello che ha elevato nel mondo l’idea della creatività italica. In un suo celebre dipinto, Leonardo ha ritratto una dama racchiusa in una corona di Ginepro.
Il Ritratto di Ginevra de’ Benci, del 1474 circa è un’opera ahinoi che è stata amputata nella parte inferiore, privandoci delle mani. Gli studiosi dell’Arte suppongono (tramite disegni preparatori) dovesse avere una posture simile alla Gioconda.
Cercando informazioni, non c’è una spiegazione plausibile sul perché Leonardo abbia voluto usare il Ginepro in quest’opera, viene solo accostato al nome della donna ritratta, Ginevra, per semplice assonanza. Un discorso che per me è troppo banale. Non me lo immagino un perfezionista di quel livello, che nella sua Arte ha sempre dimostrato quanto fosse attento ai particolari, alla simbologia, scegliere una pianta così carica di significati, solo per una paronomasia. Apparentemente si tratta di un Juniperus Communis, lo si capisce da alcuni dettagli nelle foglie.
Il Ritratto di Ginevra de’ Benci fa parte della collezione permanente della National Gallery of Art di Washington D. C.
Una simile ambientazione, la troviamo anche in un’opera successiva. Come spesso accade nella storia dell’Arte, i Maestri servono da ispirazione e tracciano una linea.

Un dipinto della fine del XV secolo (1490-1500) di Lorenzo di Credi (Lorenzo d’Andrea d’Oderigo), parte del catalogo del Metropolitan Museum of Art (MET) di New York, ma non esposto. La Ginevra qui raffigurata (di Giovanni di Niccolò, cognata del Credi) è figlia di un gioielliere, motivo per cui regge un anello nella mano sinistra.
Il Ginepro qui viene raffigurato con i suoi frutti (esemplare di sesso femminile). E di nuovo non ci sono ipotesi simboliche sull’uso di questa pianta, se non per il nome della protagonista di quest’opera d’Arte.
Per quanto mi riguarda, una simbologia così importante, non può essere rilegata solo al nome. E per voi che leggete? Cosa ne pensate di quella corona?
Sempre al MET troviamo quello che dovrebbe essere il reperto di legno di Ginepro più antico al mondo: una cassa canopica (usata per contenere gli organi interni) risalente al 1981–1802 a. C. Proveniente dalla Tomba di Hapiankhtifi. La scatola ha quattro scomparti interni coperti da un coperchio interno. Nella parte superiore della scatola è raffigurato
un fregio di Kheker e un occhio dorato adorna un lato. Le iscrizioni riportano l’offerta di rituali e preghiere dei quattro figli di Horus e delle quattro divinità protettive associate: Iside, Nefti, Neith e Selket. Il coperchio esterno è decorato con stelle.
Un esemplare che ci fa capire quanto possa essere resistente e duro il legno di Ginepro.