Il Gin, per storia e per disciplinari mondiali può essere prodotto solo ed esclusivamente con il Juniperus Communis, quello che chiamiamo Ginepro, ma che dovremmo indicare più precisamente come Ginepro Comune.
La legislazione vigente parla di “sapore predominante” che deve essere conferito dal Ginepro Comune. Altre specie di Ginepro (Oxycedrus o Californica ad esempio, ma esistono varietà ornamentali non ancora studiate organoletticamente, tipo il Juniperus Mint Julep, o altre da escludere già solo per il nome, tipo il Juniperus Foetidissima), possono essere inserite nelle ricette dei Gin alla stregua degli altri “botanici”: possono avere una posizione importante, ma non devono, per legge e consuetudine, mai coprire l’aroma del Ginepro Comune.
Fissato questo punto iniziale, come fondamento del Gin e di ciò di cui voglio parlare con questo articolo/invettiva, si capisce come la conoscenza del Juniperus Communis sia fondamentale in quest’industria.
Ci si aspetta un’attenzione alla pari delle altre materie prime degli altri “distillati nobili” nei confronti del Ginepro Comune, invece la confusione regna sovrana, e le inesattezze abbondano in ogni dove, anche in posti che dovrebbero essere i templi di questa conoscenza.
L’iconografia del Juniperus Communis è spesso sbagliata: sono dozzine le varietà di Ginepro, alcune VELENOSE (quindi MAI assaggiare una coccola di Ginepro senza avere la certezza che sia commestibile), alcune molto interessanti come ingredienti di Gin, ma il Ginepro Comune è uno solo (con le sue sottospecie, quali il Juniperus Communis Horizontalis che se mi spiegaste per piacere come raccoglierne le coccole mi fareste un gran piacere).
Vi allego una foto da un seminario londinese del Master Forager James Firth, a guardarle bene le coccole di queste 3 specie sono identiche, ma una di esse, quella del Juniperus Sabina che è altamente tossica. Da wikipedia: “Tutta la pianta è velenosa anche con esito mortale.”
Può essere possibile che un’associazione (senza fare il nome) di operatori del settore con base a Londra abbia come logo il Ginepro sbagliato? Che ai propri membri doni una spilla in argento raffigurante altre varietà di Ginepro ma non il Comune? Sempre a Londra, una delle storiche Gin-dinasty secolare, nella sua distilleria aperta al pubblico, nella sala dedicata ai botanicals che da tradizione compongono il suo Gin, mi dite Voi, lì l’avranno azzeccata la foto del Ginepro, si?

Questa disattenzione, potrebbe portare, in casi estremi, che qualcuno si trovi davanti a un Ginepro NON Comune e sia indotto ad assaggiarne le coccole, per via di quest’iconografia errata. Attenzione!
Voi che leggete, mai potrete capire il mio imbarazzo a essere il primo a scrivere di tutto ciò, ma prima o poi bisogna venire a capo della cosa. Per farlo, basta tornare alle basi, al Ginepro Comune.
Andando per montagne fino intorno a quota 1500 metri, dovrebbe essere facile in ogni latitudine incontrare qualche esemplare di Ginepro Comune, se vi capita avvicinatevi ad osservarlo e con delicatezza accarezzate gli spinosissimi aghi delle sue foglie, notate la differente colorazione delle coccole (per essere tassonomicamente precisi, bisognerebbe parlare di pigne non di coccole). Il frutto del Juniperus Communis impiega ben due anni per arrivare a piena maturazione. La particolarità sta che ogni ramo porta frutti maturi e frutti di un anno, senza alcuna separazione. Un metodo meccanico che li raccolga facilmente (come quelli in uso per l’uva, le olive, noci etc) è impossibile, non ci sarebbe possibilità di differenziare i vari stadi di maturazione. Dunque l’elemento umano è fondamentale, così come le maestranze che su terreni montani impervi vagano per kilometri ogni giorno per raccogliere il Ginepro comune.
Quindi la base di partenza per produrre il Gin, il Ginepro cresce solo allo stato “selvaggio”: ci sono alcuni esempi di coltivazione intensiva di Juniperus Communis, ma un’altra particolarità di questa pianta così munifica di vita e sapori, è che si differenzia anche sessualmente. Esistono Ginepri femmine e maschi. Solo le femmine sono in grado di crescere le coccole, i maschi essenziali per la fecondazione. Ci vorrebbe dunque una piantagione di Juniperus Communis femminizzate, e una qualche tecnica per rendere produttive le piante. (Ricorda anche a voi la “sensimilla” e tutta l’industria che ci si è costruiti sopra? Bisognerebbe fare l’opposto: far si che i “semi” del Ginepro crescano su piante femminizzate).
I consumi di Gin negli ultimi 10 anni sono esplosi in ogni dove, così come la richiesta di Ginepro Comune stabilizzato per “rettificare” l’alcol di base per così arrivare al prodotto finale. L’offerta attuale arriva da paesi dell’Est Europeo, dove evidentemente la manodopera da mandare a fare la raccolta è talmente economica da sostenere i bassi costi/kg del Ginepro Comune.
L’Italia da secoli è il bacino di approvvigionamento del Regno Unito per il Ginepro Comune, da qui ne vengono spedite centinaia di tonnellate. Fortissima la presenza delle nostre coccole distribuita su tutti i continenti, dove l’associazione Ginepro-Italia serve per evidenziarne la qualità. Una tradizione da preservare e un argomento da approfondire.
Nel mondo intero, non manca l’attenzione nei confronti dello spesso bistrattato Juniperus Communis, una pianta che accompagna l’uomo storicamente da millenni, e che il grande pubblico ha riscoperto negli ultimi anni all’interno del Gin & Tonic per lo più.
Innumerevoli i trattati scientifici odierni che studiano la composizione chimica del Ginepro (non solo quello Comune): sono analizzati tutti i componenti, dagli oli essenziali, alle proprietà di coccole e del legno. Nota dai tempi antichi è la funzione antisettica e antifungina, dovuta principalmente alla presenza del Terpinen-4-olo, oggi si ricerca il modo di sfruttare su larga scala queste proprietà in agricoltura per produrre fungicidi a impatto zero.
Cercando su internet, sono decine i trattati medico scientifici su questi argomento, provenienti da ogni dove, soprattutto dall’area balcanica, dove evidentemente staranno ben studiando queste piante endemiche. Il problema, a mio parere, è che queste ricerche sono slegate dall’industria del Gin, non c’è nessuna sinergia e nessuna valorizzazione/protezione del Juniperus Communis.
Con la popolazione del Regno Unito di Ginepro Comune in via d’estinzione, a causa dell’allevamento intensivo e delle malattie tipiche delle Cupressaceae, famiglia botanica in cui è inserito, c’è sicuramente da far attenzione alla salute globale di questo albero.
Le analisi di spettro fotografano i componenti aromatici del Ginepro Comune: diversi e non sempre piacevoli, tramite esse è possibile capire il perché dei differenti sapori delle varietà di Ginepro Comune provenienti da luoghi diversi. Il “terroir” del Ginepro Comune si può misurare con esattezza: ad esempio quello est-europeo risulta essere più ricco di limonene, la componente che dona citricità. Questo fatto rende praticamente impossibile definire univocamente il sapore del Ginepro (Comune). Ogni zona esprime il proprio, girando per Ginepri questo fatto è evidente e a distanza di anche poche decine di kilometri si evidenziano già olfattivamente queste differenze in maniera marcata.
Di cosa c’è bisogno?
C’è bisogno di maggiori studi sul Ginepro Comune, possibilmente finanziati dall’industria del Gin, c’è bisogno di maggiore conoscenza da parte degli stessi operatori riguardo la materia prima che tanto sta facendo oggi la loro fortuna. Senza tornare alle basi di questo spirito, senza tornare al Ginepro Comune, quello che si sta costruendo andrà perduto, così come è a rischio la popolazione mondiale del Juniperus Communis e tutto l’indotto che genera in ogni dove.
E c’è bisogno che il consumatore finale sia a conoscenza di quanto è difficile raccogliere il Ginepro Comune, di quanto bene faccia alle popolazioni che vi si dedicano, in modo tale da poter scegliere di premiare quei brand che meglio sappiano lavorare su questo argomento.